Ascot o cachecol: quando e come?

Un tempo assai più diffuso di oggi, l’ascot è stato un capo di abbigliamento molto amato da grandi attori del calibro di Cary Grant, Clark Gable, Errol Flynn, Gary Cooper e Michael Caine. Dopo un lungo oblio, oggi viene timidamente riscoperto. Oggi parliamo di questo splendido e (quasi) dimenticato capo d’abbigliamento. Come nasce, come si porta e quando si indossa.

Sui termini – Ascot, Cachecol, Plastron – e sulle sue origini c’è molta confusione. Quello che sappiamo è che questo raffinato capo d’abbigliamento nasce nell’Inghilterra vittoriana e, dalle sue prime versioni ad oggi, ha sicuramente subito numerose trasformazioni.

Il termine Ascot deriva dalla Royal Ascot Race, la celebre gara equestre che si teneva (e si tiene tuttora) nell’omonima cittadina inglese (Ascot, appunto) a pochi chilometri da Londra. Al tempo, in epoca vittoriana, i frequentatori di questo evento erano soliti indossare il tight abbinato ad una caratteristica cravatta appuntata che prese appunto il nome di Ascot (e che in Italia chiamiamo oggi più propriamente plastron).

Sui termine Ascot, Plastron e Cache col c’è molto confusione e non c’è uniformità di visione. Per alcuni autori il termine ascot dovrebbe riferirsi al solo plastron (che i britannici chiamano appunto ascot), mentre la variante più informale si dovrebbe più propriamente chiamare cachecol (i britannici la chiamano semplice cravat).

Ciò nonostante, quanto meno in Italia, con il termine ascot si fa – propriamente o impropriamente – riferimento a quella sorta di incrocio tra foulard e cravatta, ad uso prevalentemente informale, di cui parliamo in questa puntata.

Nonostante oggi venga timidamente riscoperto, è considerato – più a torto che a ragione – un capo un po’ eccentrico ma, a mio parere, l’ascot è capace di conferire un tocco di originale eleganza che, in contesti non prettamente formali, ci può stare benissimo. Ha il potere infatti di donare eleganza ad un abbigliamento sportivo ma anche, viceversa, di conferire un accento disinvolta ad un outfit più formale.

 

Come deve essere

L’Ascot per definizione non può che è essere di seta. Non è mai o quasi mai in tinta unita, ma sempre in fantasie minute e garbate (paisley, pois, ecc.) tra le quali sono tipicamente escluse le righe.

La variante più diffusa dell’ascot è assimilabile ad una sorta di sciarpa di seta, simmetrica, stretta al centro e più larga alle estremità. Ne esistono però anche varianti a bordi completamente paralleli, più o meno larghi.

 

Quando indossarlo e possibili abbinamenti

All’apparenza poco versatile, in realtà l’ascot può essere indossato in occasioni piuttosto disparate: da quelle più informali a quelle, nella sua variante cosiddetta “Plastron”, più massimamente formali.

Il suo uso più comune lo vuole portato in contesti sportivi o informali, nei quali però si ricerca un tono di compostezza ed eleganza. In estate si presta ai più disparati abbinamenti, dal classicissimo e intramontabile abbinamento con il blazer, a sperimentazioni più libere e disimpegnate, sempre comunque accompagnato da una camicia (anche di lino).

In inverno il suo utilizzo è meno frequente, ma non impossibile. Può essere portato ad esempio, con una minima dose d’audacia, abbinato ad uno spezzato di tweed oppure, senza giacca, con un cardigan o un pullover con scollo a V.

Molto tipica, soprattutto tra i gentiluomini d’antan, l’uso di portarlo in ambiente domestico, in vestaglia o giacca da camera.

Nella sua variante cosiddetta “Plastron”, cioè sul colletto e appuntata con una spilla, è una delle massime espressioni di formalità e si indossa in genere con il Tight.

 

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